1 Ottobre 2020

Il portatore di handicap può usare i permessi per finalità non legate a esigenze di cura

Non può essere licenziato il lavoratore portatore di handicap che usufruisce dei permessi per finalità non legate a esigenze di cura.

La fruizione della legge 104 è preordinata a ristabilire l’equilibrio fisico e psichico necessario per godere di un pieno inserimento nella vita sociale e familiare.

Quanto sopra è stato stabilito dalla Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con l’ordinanza n. 20243 del 25 settembre 2020.

“L’utilizzo dei permessi da parte del lavoratore portatore di handicap grave è finalizzato a agevolare l’integrazione nella famiglia e nella società, integrazione che può essere compromessa da ritmi lavorativi che non considerino le condizioni svantaggiate sopportate; l’art. 1 della legge n. 104 del 1992 prevede la piena integrazione del soggetto portatore di handicap nella famiglia, nel lavoro e nella società, per cui la concessione di agevolazioni consente di perseguire l’obiettivo di un proficuo inserimento del disabile grave nell’ambiente lavorativo, sicché l’allontanamento dal posto di lavoro più a lungo rispetto ai lavoratori (nonché ai portatori di handicap non grave) permette di rendere più compatibile l’attività lavorativa con la situazione di salute del soggetto.

I lavoratori portatori di handicap rilevanti, proprio perché svolgono attività lavorativa, sono gravati più di quanto non sia un lavoratore che assista un coniuge o un parente invalido: la fruizione dei permessi non può essere, dunque, vincolata necessariamente allo svolgimento di visite mediche, o di altri interventi di cura, essendo – più in generale – preordinata all’obiettivo di ristabilire l’equilibrio fisico e psicologico necessario per godere di un pieno inserimento nella vita familiare e sociale.”

Ne consegue, ha concluso la Cassazione, che il ricorso deve essere rigettato in virtù del principio di diritto secondo cui “i permessi ex art. 33, comma 6, della legge n. 104 del 1992 sono riconosciuti al lavoratore portatore di handicap in ragione della necessità di una più agevole integrazione familiare e sociale, senza che la fruizione del beneficio debba essere necessariamente diretto alle esigenze di cura”.


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AVVOCATO MATTEO MOSCIONI

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